
In quel lontano dì del 260 a.C., a Milazzo, la Repubblica si aprì le porte del Mediterraneo con l’ingegno di Caio Duilio. Da lì principiò l’epopea del Mare nostrum, più e più volte resosi – successivamente al declino dell’Impero Romano – il vero fulcro di tutta la storia europea e araba. Sarebbe tediante e inutile ripercorrerne le tappe fondamentali, difatti il titolo di questo pensiero scritto intende concentrare l’attenzione dei lettori e delle lettrici sulla principale enclave geopolitica del Mediterraneo: lo Stretto di Messina.
Negli ultimi anni, da quant’è che vivo l’università del capoluogo peloritano, mi capita spesso di sentire dalle bocche di chi mi sta vicino durante la ripugnante quotidianità veri e propri eloqui sulle navi della NATO che transitano tra la Sicilia e la Calabria. Si soffermano spesso sulle capacità tecniche di questi mostri tecnologici provenienti principalmente dagli Stati Uniti. Non vi è mai un ragionamento logico – non bisognerebbe aspettarsi mai niente di particolare da certuni – sull’effettivo ruolo che queste navi svolgono lungo lo Stretto in accordo con la base di Sigonella. Non si pensa mai alla Sicilia come “terra di conquista” dopo il 1943, la quale da sacro avamposto del Mediterraneo è divenuta una bomba ad orologeria pronta ad esplodere in base al volere del console americano dall’aureo deretano pregevolmente seduto sul trono della Casa Bianca. Ultimamente, soprattutto con le ultime elezioni nazionali, si è vituperato giorno dopo giorno e sempre di più il termine sovranità. Prima sugli alimenti, poi sulle automobili… l’elenco sarebbe davvero lungo e noioso.
Non ci si concentra mai, d’altronde le catene sono ben salde, sulla vera sovranità, ovvero quella del mare. Oggi lo Stretto è semplicemente un fulcro di commerci americani e cinesi. D’altronde seppur Trieste appare così lontana nella mappa geografica, la trasvolata è davvero breve sino alle rive dello Stretto. Trieste, come ben sapranno i nostri lettori, è totalmente in mano alla Cina.
Per non parlare di Gioia Tauro o altri porti nevralgici tra il Tirreno e l’Adriatico. Si preferisce dibattere sulla quantità delle esportazioni e non sulla qualità dell’essere la Nazione – insieme alla Grecia – che ha dato tutto al Mediterraneo. Difatti la quantità è da sempre preferita alla qualità all’interno dei regimi democratici. Per questo e per tanti altri motivi, occorre ricondursi all’aristocrazia mediterranea ove non si è più pensati come mero passaggio per gli interessi altrui, ma come luogo geografico del mondo nel quale la navigazione si fregia del Tricolore e di null’altro. Resta soltanto da leggere un’opera davvero fondamentale: “Roma antica sul mare” del figlio del fabbro.
Autore:
Marco Spada