
Consigliati da Criminidem:
La guerra civile europea 1917-1945-Ernst Nolte: Come mai un professore di storia che fascista non era ha attirato su di sé lo stigma di negazionista/revisionista? Cosa disturbava così tanto i liberali e i kompagni democratici di Ernst Nolte? L’aver affermato due verità scottanti con una premessa a fare da sfondo: che i nazionalsocialisti non si erano inventati nulla – il concetto di lager era stato preso dagli inglesi che per primi sperimentarono questo tipo di detenzione durante la guerra angloboera; l’idea dello “sterminio” invece era stata mutuata dai bolscevichi che da anni operavano in tal senso non contro gli ebrei, come nel caso tedesco, ma contro una “classe” che andava, appunto, sterminata.
Mussolini e la resistenza palestinese – Stefano Fabei: Verso la metà degli anni Trenta l’Italia fu il primo Stato europeo a sostenere concretamente la lotta di liberazione del popolo palestinese dal mandato britannico e dal progetto sionista in Terra Santa. Non si trattava soltanto di un appoggio politico, ma di un autentico sostegno materiale; in altre parole, Mussolini finanziò per quasi due anni la prima intifâda palestinese: una rivolta contro il dominio coloniale britannico che provocò, nel 1937, 200 vittime e nel 1938 ben 2000. Le ragioni che spingevano Roma a sostenere i musulmani di Palestina erano molteplici. Innanzitutto la volontà di contendere alla Gran Bretagna il primato nel Mediterraneo: dagli archivi del ministero degli Esteri italiano emerge infatti che, fra il 10 settembre 1936 e il 15 giugno 1938, il governo di Roma versò all’Hâjj Amîn al-Husaynî, Gran Mufti di Gerusalemme, che guidava la rivolta, la somma di 138.000 sterline, molto considerevole per l’epoca. Se avesse raggiunto questo ambizioso traguardo, l’Italia si sarebbe impegnata a risolvere la questione palestinese creando due entità statali distinte e separate: una più estesa, a nord di Gerusalemme, da assegnare agli arabi, e l’altra, a sud della città santa, per gli ebrei. Tuttavia con il Gentlemen agreement, sottoscritto il 16 aprile 1938 tra l’Italia e la Gran Bretagna, si interrompeva, seppure soltanto per due anni, la tensione fra i due Paesi, e il piano di spartizione italiano della Palestina fu relegato in soffitta. Con le leggi razziali del 1938 e la guerra insieme alla Germania nazionalsocialista la posizione italiana si fece più intransigente. Ricevendo nel 1942 il Gran Mufti di Gerusalemme, Mussolini esprimeva la sua disponibilità a riconoscere ai palestinesi il diritto all’indipendenza, arrivando a sostenere che gli ebrei erano dei nemici per i quali non c’era più posto neppure in Europa. «Se gli ebrei lo vogliono – dichiarava – che fondino Tel Aviv in America».
Fascists’ criminal camp – Roberto Mieville: Alcuni campi di concentramento, si sa, sono più importanti di altri. Quello americano ad Hereford in Texas destinato agli italiani e noto come “fascists’ criminal camp”, ad esempio, gode di scarsa pubblicità sebbene non di rado coerenza, onore e fedeltà fossero punite con la morte. In tal senso assume grande importanza la testimonianza dell’autore che l’ha vissuto di persona: «quando il sorridente colonnello Calworth domandava “collaborate?” a chi contro fame e sete urlava il suo coraggio agli altri con “tenere fermo, fino all’ultimo” era sempre il medesimo canto di Giovinezza la risposta». “Tenere fermo, fino all’ultimo” è l’urlo che ancora rimbomba nel nostro spirito e nella nostra anima.
Il male americano – Giorgio Locchi e Alain de Benoist: Che l’Europa potesse un giorno avere come unica aspirazione quella di essere governata da una commissione di controllo americana, Paul Valéry l’aveva già previsto, con una sorta di «malinconico diletto». Molto prima di lui, Friedrich Nietzsche aveva denunciato nell’«americanismo» un pericolo mortale per l’Europa. Oggi questi discorsi non descrivono che una banale realtà. L’Europa non aspira più ad altro che a lasciarsi guidare e fagocitare dall’America: e chiama ciò, pudicamente, «atlantismo». Quegli stessi che si gloriano di difendere la tradizione di un’Europa imperiale e padrona della propria storia non intravedono altra via d’uscita al loro combattimento che all’ombra (o con l’appoggio) degli Stati Uniti. L’equivoco non potrebbe essere più profondo. Esso dimostra la debolezza spirituale d’un Europa pronta (persino nei suoi migliori elementi) a rifugiarsi dietro le apparenze fallaci di un preteso «Occidente» o di un’inesistente solidarietà delle «razze bianche». Ma, dopotutto, questo non è forse così sorprendente. Dopo essere morto (e ben morto), il grande dio ipocrita e mascherato che regnava sull’Europa si é reincarnato nell’«Asino-che-fa I-A» (Nietzsche), ed era fatale che l’Europa si votasse alla sua adorazione: asino bicefalo, le cui due teste si perdono in uno stesso cielo, l’una fra le nuvole del sogno americano, l’altra fra le nebbie dell’utopia marxista. Tutto quello che l’Europa non sopportava, tutto quello che in Europa non sopportava l’Europa e non si sopportava: puritani alle prese con l’anglicanismo, cattolici perseguitati dai protestanti, protestanti perseguitati dai cattolici, ebrei vittime dei pogrom, affamati che avevano preso in orrore la loro terra, asociali e spostati di ogni sorta – tutto ciò ha dato nascita al popolo americano. Sin dalla sua origine, l’America nasce da un rifiuto dell’Europa, anzi da un odio dell’Europa, da un desiderio di vendetta e di rivincita-sull’Europa.