
Migliore dei mondi possibili, Gennaio 2023.
L’inverno più raccontato di tutti i tempi spacca le mani e i piedi dei giovani russi, che sotto le bufere di neve e il fuoco avversario scavano la dura terra e approntano linee su linee di postazioni difensive. A poche centinaia di kilometri di distanza giovani europei e americani si spaccano le mani sulle tastiere dei PC, col plaid sulle spalle e i condizionatori a palla (che hanno preferito alla pace). Esperti e autodidatti discutono tra loro ed elogiano le caratteristiche tecniche dei migliori carri armati mai prodotti dall’industria bellica più sbarazzina di sempre – quella Tedesca.
Nelle stanze a fianco la Tivù è aperta sul Tiggì. Qui si vocifera, perchè da questa parte del fronte – beninteso quella migliore – non si afferma mai nulla, che una flotta di Gigapanzer da mille milioni di baiocchi ciascuno stia per partire verso le steppe Ucraine. Finalmente il mondo libero, i cui gregari combattono versando contributi da casa e senza impegno, schiaccerà sotto tonnellate d’acciaio high-tech l’esercito dei perfidi invasori/poveri coscritti Russi.
Grazie ai Tiggì anche il salumiere sotto casa sa che i Leopard 2A7 abbiano una mira stabilizzata talmente bene che possono correre con un boccale di birra sulla canna dell’arma senza rovesciarla. Insomma, il morale tra le coorti della democrazia è alto.
Qualcuno tra coloro che sono un attimo più informati però chiede di fermare la palla ed invita tutti alla calma: qualche guastafeste si fa due conti e annuncia che di queste magnifiche bestie d’acciaio teutone non ve ne siano poi così tante a disposizione, quindi si comincia a parlare di numeri.
Si vocifera ancora ai piani alti che, di Leopardi, ne partiranno trenta, venti, dieci, due o uno per Paese. Nel giro di un paio di settimane i supercarri del mondo libero in dirittura d’arrivo passano dall’essere centinaia a poche decine.
Dagli spalti del Grande Ospizio Occidentale (un saluto alla buonanima di Limonov) si leva una domanda: basteranno? Non c’è da preoccuparsi, rassicurano gli esperti, perchè la Dottrina NATO sancisce che la qualità e il know-how la spunteranno sulla quantità.
Qualcuno con le corna più lunghe degli altri esprime qualche dubbio sul fatto che la Dottrina NATO, la qualità di questi carri e la quantità irrisoria di pezzi inviati riusciranno a passare attraverso le linee di fortificazione russe citate all’inizio ed arrivare tutte intere in Crimea.
Chi conosce la storia sa bene cosa succede quando le meraviglie dell’industria pesante tedesca incontrano le meraviglie operate dalle pale semoventi dei russi: le prime, purtroppo per alcuni e per fortuna degli altri, perdono (v. Battaglia di Kursk).
Insomma, ‘sti Leopard 2 saranno pure stati costruiti e maneggiati da domineddio, ma resta il fatto che dentro le buche russe c’erano armi anticarro, davanti ad esse c’erano distese di mine anticarro, dietro di esse c’erano altre armi anticarro ed altre buche ancora: è inutile andare avanti, appena dieci mesi dopo s’è visto com’è finita.
L’affaire Leopard 2, che riesumiamo oggi dallo sconfinato cimitero di topic giornalistici epici finiti male, finisce per essere un perfetto ritratto dell’Occidente dipinto con toni di ipocrisia, mistificazione e superiorità che esiste solo su carta. Anzi, neanche su carta.
Ciò che è accaduto, e subito dopo essere accaduto è stato messo via come nulla fosse, è che i giornali hanno per mesi fabbricato e venduto una realtà alternativa in cui da qualche parte, in Europa, ci sono depositi pieni di supersistemi d’arma che attendono giusto il via libera delle istituzioni (democratiche, ça va sans dire): poi sarebbero lì pronti ad essere messi a disposizione degli Ucraini.
Non contenti, finita con un quasi nulla di fatto la stagione dei Leopard si è provato a far cominciare quella dei missili Storm-Shadow, quella delle bombe a grappolo, dei missili Taurus, dei Bradley, degli HIMARS, dei Challenger, degli ATACMS e se questo conflitto dura ancora un altro anno dalle armerie del mondo libero va a finire che qualcuno tira fuori il Megazord dei Power Rangers.
La storia si ripete uguale ogni tre settimane circa: viene annunciato che una nuova Wunderwaffe stia per essere mandata al fronte, viene spiegato come e perchè questa nuova Wunderwaffe cambierà le sorti della guerra, pochissimi esemplari di queste arrivano al fronte e non cambia assolutamente nulla.
Tutto questo circo mediatico ci porta infine alla controffensiva ucraina di quest’anno. Per mesi si è parlato, per mesi le intelligence e le intellighenzie del mondo libero si sono arrovellate pubblicamente a far quadrare i conti. Le tattiche da utilizzare? Tutta roba di lusso, presa dai manuali NATO. Gli artiglieri mandati ad addestrarsi con i PzH2000, le truppe anfibie mandate ad addestrarsi dagli Inglesi (che un’operazione anfibia contro un nemico competente non la fanno dai bei vecchi tempi), i carristi a scuola per imparare a usare i nuovi mezzi eccetera eccetera: gli Erasmus degli Ucraini nel mondo libero a scuola di guerra ce li siamo raccontati in tutti i modi possibili.
Avanti veloce: Inizia la controffensiva. Menzione d’onore ai teaser trailer ufficiali fatti prima di cominciare le operazioni: chi scrive ha riso come un matto quando li ha visti la prima volta.
Sul campo i progressi ci sono ma sono lenti, anzi lentissimi. I giovani ucraini avanzano sicuri: gli esperti coprono loro le spalle. Si prende un kilometro quadro qui, un kilometro quadro là. Non c’è da perdere la fiducia, dicono gli esperti, abbiamo lavorato molto bene nella preparazione e tutto va secondo i piani. Passano le settimane e delle tre linee difensive russe non si è neanche graffiata la superficie della prima. Ancora gli esperti: lasciamoli lavorare questi ragazzi, stanno facendo attacchi probatori qui e là lungo la linea per far disperdere le forze avversarie. Attaccheranno e sfonderanno quando sarà il momento. Le settimane si sommano a diventare un mese, poi due mesi, poi tre mesi.
Colpo di scena: la controffensiva finisce a nulla e i Russi sono passati all’offensiva. Gira e rigira, per chiuderla in breve ma potrei continuare, va a finire che mancano i mezzi.
Il teatrino continua. Europei e Americani dicono agli Ucraini che la colpa è loro: i soldati a lezione si sono distratti. Gli Ucraini non rilanciano, si guardano bene dal rispondere a tono a un simile smacco fatto direttamente in faccia ai propri caduti: da perfetti candidati a membri della NATO calano la testa e chiedono scusa ai padroni.
Ancora una volta i giornali restituiscono fiumi di parole e considerazioni di politici ed esperti, e ancora una volta tutti insieme si glissa su quello che è l’aspetto cruciale della questione, l’essenziale cui tutto sempre si riduce.
Che è sempre quello, chi legge Crimini Dem lo sa benissimo: l’Europa è disarmata ed impotente e nessuno ha nessuna volontà di cambiare questa situazione. Destra, sinistra, sopra, sotto, davanti e dietro: nessuno.
La politica internazionale da quasi due anni si costerna, s’indigna e s’impegna e quando la controffensiva fallisce (e anche senza palla di cristallo lo sapevamo tutti che sarebbe fallita) getta la spugna dicendo che più di così non si poteva fare.
Lo si nota anche dai toni e dai termini del “dibattito pubblico”. Si parla di aumentare la spesa nella difesa, e nonostante le prospettive più ardite riguardino aumenti di briciole di PIL già non si è troppo contenti: “è troppo, poi la nostra Costituzione, e poi la Sanità…” eccetera eccetera.
Il combattimento è un tema che crea imbarazzo, grandissimo imbarazzo. La prospettiva della lotta armata, perchè di questo si tratta, è semplicemente inaccettabile. Il fatto che non c’è e non ci sarà mai supersistema d’arma o intelligenza artificiale che ci possa levare le castagne dal fuoco, quando la Storia bussa alla porta, è stato il grande non detto in questi due anni di guerra, l’elefante in mezzo alla stanza che tutti hanno fatto finta di non vedere.
L’ombra della guerra tocca un ganglio nervoso scoperto nel centro del sistema nervoso Europeo. Un sistema nervoso vecchio e morente, in agonia sia biologicamente che spiritualmente, che per distrarsi si racconta di star mandando un sacco di bei giocattoli nuovi agli Ucraini con tanto di assistenza clienti: specchi per le allodole, ecco le uniche armi che siamo stati in grado di fabbricare e usare in quantità.
Lo spettacolo è raccapricciante: dalle anime belle (si legga “rincoglioniti”) che non vogliono si combatta a prescindere dai contesti, a quello degli atlantisti (si legga come sopra) che si gasano a sentire dell’ultima prodezza tecnologica di Rheinmetall e che non vedono l’ora di vederne le performance sul campo di battaglia, a quello delle massaie dell’economia che vorrebbero interrompere le forniture d’armi per questioni di mera contabilità ed invece spendere di più in Sanità: come se già lo scenario non fetesse a sufficenza di Ospedale, anzi, d’Ospizio.
In Ucraina non mancano gli uomini ma mancano i mezzi, in Europa mancano i mezzi perchè mancano gli Uomini.
Anche al netto degli annunciati “aumenti” nelle spese per la difesa dei vari Paeselli, Germania in testa, non c’è niente da essere contenti o da leggere come un cambio di tendenza. Gli inguaribili ottimisti (si legga ancora “rincoglioniti”) ci vedono un buon segnale: ma ancora una volta si parla dell’ennesima truffa.
L’unica cosa che accadrà davvero è che finalmente la Germania, forte della sua economia e della sua industria pesante, potrà fare da degna portaborse anche dal punto di vista militare ed alleviare il carico della difesa dei popoli liberi dalle casse degli Stati Uniti, per gettarlo sulle spalle dei propri contribuenti.
E noialtri claudicanti al seguito, “ognuno secondo le proprie possibilità” e secondo le “necessità” degli interessi geopolitici non di “ognuno”, ma sempre degli Stati Uniti.
Perchè aumentare la spesa nella difesa non significa mica rieducare l’Uomo alla lotta, bensì mantenere bene oliata la catena di produzione di materiale bellico da destinare a terzi secondo eterodirezione: c’è poco da stare a coglionarsi, di questo si tratta.
Il problema non è questione di Oro, che possediamo a sufficienza, ma di Sangue. E spetta a chiunque ne abbia ancora un poco nelle vene, di Sangue vivo e rovente, riunire quanti più suoi simili possibile sotto la Nostra comune bandiera.
È più che mai necessario spezzare le tavole della menzogna ed edificare i giovani di oggi e di domani affinchè tornino a familiarizzare con l’idea dello scontro come categoria esistenziale, della battaglia come esperienza interiore che sia preparatoria per quella esteriore.
Autore:
Andrea Abate