Polemos: preservare lo scontro per creare

Nel mondo post-moderno il sentimento di rifiuto dello scontro, della conflittualità e della riconoscenza di un nemico – di un Hostis come direbbe Schmitt – assurge da valore morale ed è, secondo gli olocaustici e mortiferi politici odierni, generatore di benessere, prosperità e ricchezza; dimenticando tuttavia che il “Polemos è padre di tutte le cose” (1), distruttore ma anche ordinatore – poiché solo dal caos può sorgere una stella che danza.
È palese che il ripudio della guerra, del conflitto e dello scontro è stato imposto dalle forze “democratiche”, (basta leggere e mettere a confronto la nostra costituzione e quella Giapponese) – benché esse abbiano, ancora oggi, il passepartout per imporsi in maniera arbitraria e violenta – dopo la fine della seconda guerra mondiale: il tramonto definitivo dell’Europa, la sua disgregazione e l’avvento dell’Americanismo – forza che svilisce l’ethos dei popoli in nome di un’ideologia mercantilistica e materialistica – fu, per i popoli sconfitti, una oltraggiosa condanna che portò alla negazione dei propri valori nazionali ed all’eclissi del proprio spirito ormai corrotto dall’Americanismo. A tal proposito, è d’importanza apicale comprendere, al fine di abbattere questo nuovo e meschino codice deontologico, le motivazioni che ebbero i “liberatori” per imporre una tale condotta: la sfera del conflitto viene ripudiata e mitigata proprio perché lo spirito guerriero, cosi come il sentimento nazionale – ma più in generale tutto ciò che rientra nella dimensione metafisica e non materiale: un ideale, un valore, uno spirito, un sentimento – possono risultare pericolosi ed ostili ad un sistema che vuole rendere gli uomini succubi della materia, privi d’ideali e di prontezza di spirito – non più uomini solidi ma liquidi.
La mancanza di un ethos nazionale vero e non imposto, compatto e valoroso è il destino in cui sta sprofondando la nostra Europa dalla fine del II conflitto mondiale, e la perdita della parte conflittuale – che, come insegnano talvolta psicoanalisti come Freud è intrinsecamente umana – ha generato quell’infiacchimento dei popoli di cui ci parla Hegel.
Hegel ci insegna che le nostre autocoscienze vivono in una condizione Hobbesiana tale per cui “La relazione di ambedue le autocoscienze è dunque così costituita che esse danno prova reciproca di se stesse attraverso la lotta per la vita e la morte”. (2)
Giudizio ineccepibile soprattutto se, in ossequio alla sua filosofia, la realtà è un constante scontro dialettico che si rinnova appunto, grazie all’affronto di tesi ed antitesi.
In questi termini il cosiddetto “travaglio del negativo” – forza sprigionata durante il conflitto dialettico nella fase dell’antitesi – assume un valore preminente rispetto all’intero sistema dialettico: il movimento dinamico che essa impone – sebbene sia apparentemente irrazionale – genera, appunto, un superamento – aufhebung in tedesco – della condizione stagnante nella quale si trovava la tesi, imponendo necessariamente un rinnovamento e generando razionalità. Distruttore ed ordinatore.
Dunque come Hegel insegna, la mancanza dello scontro, del caos, della “fase negativa” può minare quel processo di perpetua evoluzione e rinnovamento della “realtà fenomenica” – portando all’alienazione dello spirito secondo Hegel – gettandoci all’interno di un vortice statico capace non più di creare, ma di degradare.
Questo fenomeno è riscontrabile sia sul piano prettamente politico, ma anche sul piano culturale: l’abbandono della dimensione dello scontro ha generato un impoverimento ed una staticità culturale, ideologica ed intellettuale – dal momento che esse esistevano poiché, entrati in relazione ed in scontro alla cultura, alla ideologia ed all’intelletto altrui, venivano riconosciuti ergo, esistevano; sarà forse per questo che noi moderni non riusciamo ad apportare radicali innovazioni sul piano culturale bensì ci concentriamo sulla distruzione di quel passato a noi “avverso” – vedi la “Cultura della cancellazione”?
Visti i termini entro cui ci muoviamo, è chiaro che il tentativo di sradicare la componente del “polemos” dall’animo dei popoli Europei è pressoché riuscito, generando non più animi temprati, animi da Cesari, capaci di scalfire nella storia, ma un animo Faustiano, corrotto e languido, cadendo, di pari passo, in una condizione di atemporalità ed astoricità.
Lo spirito guerriero che per secoli bruciava come la fiamma Prometeica nei nostri cuori è stato imprigionato, e ciò ha permesso il trionfo dell’economia e della materia a discapito della politica e della fede.
(Note):
1 /Eraclito – Frammenti/
2 /G.W.F. Hegel – Fenomenologia dello spirito/
Autore:
Daniele DF

Una opinione su "Polemos: preservare lo scontro per creare"

  1. “Sa di poco il cielo se non hai mangiato prima la sabbia dal fondo”

    ma mi sa che, sempre citando Mezzo, taluni stanno abbandonando le ali e si stanno facendo crescere le branchie…

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