Democrazia la grande ipocrita

Ancora una volta è Nietzsche a ispirare le mani che istintivamente seguono i pensieri, mettendo nero su bianco quello che non si può più tacere; siamo nel 1884, dai frammenti postumi, e il filosofo scrive: “caratteristica dell’epoca democratica è l’ipocrisia”. Orbene, Noi non siamo democratici perché non sappiamo essere ipocriti, costruendo fama e carriera su un mare di fandonie e buone intenzioni che le nostre azioni, volenti o meno, si affretteranno di smentire. Noi non sappiamo stare in strada per venire a chiedere un voto di “rottura”, invertendo la direzione presa dal mondo e che è andata accelerando negli ultimi dieci anni, e poi farci vedere mano nella mano con chi era il Vice dell’uomo che questa follia “fluida” e sradicata ha progettato e voluto, aprendo le gabbie a “woke” e derivati, oltreoceano nel 2008; noi non vogliamo parlare d’interesse nazionale a più riprese – svilendo nell’abuso reiterato che ne fanno la parola Nazione – e poi date le attuali contingenze politiche, che poco spazio di manovra concedono, questo va detto, essere protagonisti di quello che par essere il governo più atlantista della repubblica, che nasce da costituzione per esser bordello a buon prezzo ma che oggi si svende per nulla, officiando ogni decisione – geopolitica ed economica – presa dallo straniero per Noi; non siamo nemmeno tanto buoni da riuscire ad amare indiscriminatamente tutta l’umanità – concetto trappola che conosciamo bene tra Schmitt e Proudhon – un po’ perché non abbiamo cooperative da mantenere grazie al redditizio business chiamato immigrazione, un po’ perché ci vergogneremmo davvero molto a parlare di “diritti umani”, “asilo politico” e menate varie se fossimo i promotori di tutto questo, a livello nazionale come a livello internazionale, al contempo essendo anche quelli che si sono resi attori principali delle più grandi schifezze mai perpetrate nella storia – da Hiroshima ad Amburgo e Dresda, dall’Iraq alla Serbia, mandando al macello bolscevico, per rispettare riverentemente gli accordi presi a Yalta, milioni di europei (e non) prigionieri in Germania l’indomani della seconda guerra mondiale, azione compiuta incredibilmente – o forse no – proprio da chi, allora come oggi, affermava di essere antitesi alla sovversione comunista, alla società collettivista, e di voler ripristinare nel vecchio continente pace e giustizia (certo!).
In una democrazia, si è vero, cambiano i governi – tutti devono mangiare a turni, è lo schema collaudato del sistema – ma non l’ipocrisia che consegue alla vittoria di qualunque schieramento, incendiario e fiero durante la campagna elettorale e pompiere, per quieto vivere, una volta giunto nei palazzi importanti – e dell’iperindividualismo dietro scelte nel genere ne parleremo in un articolo a venire.
Come Flaiano quando affermava di non essere ricco abbastanza per giocare a fare il comunista assieme ai suoi colleghi, la nostra ipocrisia non ci concede di lasciar spazio alla mentalità democratica: per questo preferiamo condividere con i lettori i quaderni della nostra istruzione, educare alla forza e al coraggio della “ricerca” storica e filosofica nei tempi del dominio della storiografia e della filosofia “ufficiale” – quella senza pensiero; invitiamo a cercare le domande giuste – e non a dare le risposte – perché tutto il resto è conseguenza: e lo facciamo perché detestiamo l’ipocrisia che scambia la politica per mera obbedienza agli ordini. Non siamo ipocriti, Noi.

Autore:
CriminiDem

Lascia un commento