Il valore di essere spiriti liberi

Il 17 febbraio 2023 nella libreria Horafelix in Roma si è svolta una piccola conferenza su Nietzsche dal titolo “Der Freigeist il valore di essere spiriti liberi”. Scopo dell’incontro è stato quello di restituire ai lettori un ritratto del filosofo che fosse il più autentico possibile, tale da poterlo opporre tanto al declassamento operato dalla “kultura social” – che vorrebbe il pensatore mero aforista per le vicissitudini quotidiane – quanto alle accademie – dove l’autore, complice un’interpretazione distorta frutto degli anni della “contestazione”, è abitualmente depotenziato e il suo messaggio svilito e reso innocuo. La testimonianza di Friedrich Nietzsche è preziosa e non merita di essere insudiciata dalle mani della grande massa – “esseri superficiali dalla digestione rapida” – che non può riconoscersi in lui senza operare un processo di livellamento di una filosofia decisamente gerarchica; egli è fautore – come scrive nel 1888 in risposta a una definizione data per lui da Georg Brandes – di un “radicalismo aristocratico” volto alla nascita di un Ultrauomo che sia al contempo tragico e fanciullo, in ogni caso “Libero”. Ma, ecco il primo equivoco, non una libertà fine a se stessa, quella calpestata nel suo significato più alto dai chierici del “vietato vietare”, bensì destinata alla grandezza, alla creazione di valori, libertà che è per pochi e non per tutti, guai anzi se lo fosse – bisogna avere spalle larghe e pathos della distanza per poterne essere investiti: perché, ci dice Nietzsche, è molto più libero lo schiavo in servitù rispetto a coloro che, animati da vendetta e risentimento verso la vita, vorrebbero improvvisarvi padroni senza vivere e sentire sentimenti e sensazioni tipiche di una casta superiore. L’uomo è libero quando diventa ciò che egli è, nel realizzare ciò che più confà alla sua natura – e in nessun altro caso, capito sessantottini da strapazzo? – perché libertà, nella dottrina del filosofo, è prima di tutto volontà, e non è da tutti, per tutti, volere. Spiriti liberi dunque, non vincolati alla dilagante massificazione del proprio tempo, ma uomini “postumi” decisi e animati dalla volontà di andare ed essere destinati ad altri tempi, a nuovi tempi.
Gerarchia, si è detto, che implica necessariamente diseguaglianza: se “la parità dei diritti appartiene per sua natura alla decadenza” gli pseudonietzschiani a sinistra commisero una grave confusione filosofica: si “appoggiarono” al filosofo nella sua lotta contro la morale e la metafisica senza tuttavia comprendere – per finta o per propri limiti – che l’ordine costituito che Nietzsche voleva “martellare” era proprio il loro, quello egualitario nato da un’interpretazione secolarizzata del cristianesimo. Del resto, la visione reazionaria e al contempo rivoluzionaria dell’autore non è concepibile per chi all’aria pura degli alti monti preferisce da sempre la puzza di muffa del centro sociale: mortificare il prospettivismo nietzschiano – radicato tanto nell’unicità quanto nel diverso valore di ogni prospettiva – in semplice relativismo per giustificare e quasi “nobilitare” l’esistenza degli “ultimi uomini” è un’operazione scorretta che qualifica perfettamente nel merito gli autori di questa. Con la diffusione della “cultura comune a tutti” – la barbarie del capital-consumismo angloamericano vittoriosa prima nel ’45 e in seguito nel ’68 – un pensiero spiccatamente di “destra” come quello di Nietzsche, non potendo ricevere una censura che squarcerebbe l’ipocrisia del “mondo libero”, andava neutralizzato: così, ad esempio, il sogno di un’Europa come blocco unico fondato sulla forza, la potenza e, all’occorrenza, la guerra diventa, nella sua realizzazione, un grande corpo molle pacifista con i diritti umani come architrave; un progetto nato zoppo che farebbe invece piacere a un tipo diverso di tedesco, moralista e utopico, quale è stato Kant e non certo a chi ha auspicato per il continente l’avvento della “grande politica”. E per favore, una volta per tutte, basta con la retorica ipocrita sulla raccolta di scritti del filosofo uscita postuma e nota come “La volontà di potenza”: è sufficiente leggerli per vedere che non c’è traccia di strumentalizzazioni ma il compiuto realizzarsi di ciò che l’autore è sempre stato, sin da principio – testimone concreto di quel “diventa ciò che sei”, brano tra i più preziosi all’interno de La gaia scienza.
Incompresa dal plebeismo delle attuali forme politiche “a destra” in Europa e distorto a “sinistra” per il suo messaggio sovversivo, la filosofia dionisiaca di Nietzsche resta sullo sfondo a ricordare, come ammonimento, a tutti coloro che sanno essere ancora buoni europei che “giunta è l’ora di saper essere uomini tragici” – avvezzi quindi tanto al piacere quanto al dolore – “perché è necessario che siate liberati”. Da cosa? Quantomeno dalla vita comoda e dalla standardizzazione di questa che, state certi, è la garanzia migliore per il mantenimento di quello status quo che vede la specie volgare e inferiore dell’economia tiranneggiare su quella superiore, su gli uomini d’eccezione, della grande politica.

Autore:
CriminiDem

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